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Socialismo & Sicilianismo

 

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7 Giugno 2002

Sezione "Poster – Personaggi" – Pagina 32

 

DOVE SVENTOLA LA TRINACRIA

di Salvatore Natoli – già presidente della Regione Sicilia

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Giuseppe Tizza, della consulta stranieri in Germania, raccoglie l’appello lanciato su “Centonove” dall’ex presidente della Regione, Natoli. Una bandiera della Sicilia per le strade di Düsseldorf.

Il 25% delle amministrazioni non rendono alla propria terra. Mortificando la storia.

 

MESSINA – Pronto. Chi parla? – Parlo con Salvatore Natoli di Centonove? – Sì, e lei chi è? – Giuseppe Tizza. – Da dove chiama? – Da Colonia. – Da Colonia? – Sì, in Germania. – Lo so. E cosa desidera? – Ho letto i suoi articoli su Centonove e vorrei dirle che da una diecina di giorni ho messo una bandierina giallo – rossa sul parafango della mia auto che mi porta ogni giorno da casa al mio lavoro. Vorrei conoscerla e se, con mia moglie che è della sua provincia, anziché in Tunisia, come pensavamo, verremmo, invece, in Sicilia, saremo a Capo Calavà e la cercherò. – Con piacere anche da parte mia. Conoscerò un siciliano che vive lontano dalla Sicilia e che è più siciliano di quanti risiedono in Sicilia. Così, da pochi giorni su un auto tedesca guidata dal siciliano Giuseppe Tizza, membro della Consulta Comunale Stranieri di Düsseldorf, sventola una bandiera siciliana per le strade di Colonia e Düsseldorf. Penso a quei sindaci siciliani che, dopo due leggi dell’Ars, ancora si vergognano di essere La Trinacria, simbolo millenario della Sicilia. siciliani e non espongono la bandiera siciliana insieme a quella italiana ed europea. La percentuale di questi cattivi siciliani si è molto ridotta in questi ultimi mesi, ma ancora interessa un 25% di amministrazioni comunali, provinciali, direzioni didattiche, uffici, ecc.
Ed ora, andiamo incontro a Francesco Ilardi, nato a Catania il 10 luglio 1926 e morto a 19 anni. Una tragica coincidenza ha voluto che Umberto di Savoia, luogotenente generale del Regno, dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele III, conferisse l’incarico di formare il nuovo governo, dopo le dimissioni di Ivanoe Bonomi, a Ferruccio Parri, esponente lombardo del Partito d’Azione e comandante partigiano, proprio il 17 giugno 1945 e cioè lo stesso giorno dell’eccidio in Sicilia nella curva di “Murazzu Ruttu” di Randazzo.
Il 21 giugno 1945 Parri assume la presidenza del consiglio dei ministri. Nel settembre
1944 avveniva uno scontro all’interno del MIS tra indipendentisti e federalisti e nella Villa Trabia a Bagheria i federalisti gettavano le basi per una soluzione federale dei problemi siciliani e di altre regioni d’Italia. L’indipendenza agognata dal popolo siciliano non contrasta per nulla col quadro da me previsto quale unica soluzione del conflitto, vale a dire la confederazione fra stati sovrani sorgenti in Italia. Era quanto scriveva sulla rivista “Democrazia Internazionale” Vittorio Emanuele Orlando, presidente della vittoria, che continuava: “Certo, la federazione degli Stati! Sarebbe la
salvezza d’Italia”. Pensate che queste parole sono del liberale Orlando nel 1944 e non del leghista Bossi o dei tanti federalisti del 2002. C’è da riflettere sui decenni di
tempo perduto che ha incancrenito il problema, all’inizio del terzo millennio.
Il 19 luglio 1945 il giovane indipendentista Francesco Ilardi muore in combattimento sotto Monte Soro. Iscritto nella Lega Giovanile Separatista, figlio di onesto operaio ed operaio pure lui, era stato più volte arrestato per il suo attivismo propagandistico: si trattava di volantinaggio che, nonostante la dittatura fascista fosse caduta, portava diritto in carcere.
Ilardi, combattente dell’EVIS, aveva ospitato una notte alcuni “volontari” che si erano presentati per arruolarsi nell’EVIS. La mattina erano scomparsi portandosi alcuni divise e armi. Dopo qualche giorno giungono notizie di contadini che avevano subito furti da parte di Evisti. Ilardi partiva immediatamente con altri volontari alla ricerca degli indegni individui e riusciva ad agganciarli, sotto Monte Soro, iL'on. ing. Salvatore Natoli, già presidente della Regione Sicilia.ngaggiando un conflitto a fuoco in cui veniva ucciso un bandito, feriti altri tre mentre gli altri fuggivano. Nel conflitto restava ferito e si accovacciava in attesa dell’arrivo di un medico da Cesarò. Il medico non giunse in tempo ed Ilardi spirava fra il cordoglio dei contadini che erano risaliti dalla valle, molti bambini, molte donne e pochi uomini che ne ricomponevano la salma, scavavano la fossa e lo seppellivano nella nuda terra coprendolo di fiori del bosco. Là, Ilardi restò per molti mesi con una piccola croce rudimentale sopra la fossa. Prima di morire, alzo la mano destra salutando i presenti con le tre dita (Dio – libertà – Sicilia). L’EVIS lo onorò con un manifesto sui muri in tanti posti della Sicilia e una medaglia al valore.
Lo stesso anno il 1° Ottobre alle ore 20,30 in via Libertà ed in mezzo alla folla, dall’ispettore Agnesina, dai commissari Guarino e Basile e da un intero reparto di poliziotti su ben dodici automezzi, furono arrestati Andrea Finocchiaro Aprile ed Antonino Varvaro. I due vennero caricati sulla corvetta Pomona e confinati nell’isola di Ponza ove venivano raggiunti da Francesco Restuccia, arrestato a Messina. È giusto menzionare che la stampa governativa esultò. Con una sola eccezione: “La Voce Repubblicana”, che così commentò: “Il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, dopo un periodo esplosivo e quasi istintivo, avrebbe potuto evolversi verso un orientamento repubblicano federalista: arrestare questa naturale evoluzione colle manette è stato politicamente stupido”. Per gli arrestati si trattò di un sequestro di Stato. Essi, infatti, non furono mai consegnati all’autorità giudiziaria, né processati per alto tradimento, ma furono arrestati e confinati, senza nemmeno un processo che pur il tribunale speciale di Mussolini celebrava contro i nemici del regime. La disumanità di quel periodo, da parte dei rappresentanti dello Stato Italiano che, al contrario dei combattenti dell’EVIS, non liberavano subito i prigionieri catturati, merita almeno una citazione. Clelia Rosati, compagna di Canepa, arriva il 18 Giugno a Catania e apprende, alla stazione, dai giornali la tragica fine di Antonio. Non le fu permesso di vederne il cadavere né le fu comunicato il luogo della sepoltura e le tre tombe (Canepa – Rosano – Lo Giudice) furono inavvicinabili per anni e vennero indicate alle famiglie che potevano visitarle una volta l’anno, per dieci minuti, e con l’impegno che non diventassero meta di pellegrinaggi furono definitivamente restituite alle famiglie solo nel 1957, ben 12 anni dopo, ed ora riposano nel cimitero di Catania.
Il dolore non ha confini ed il padre del sottotenente Enrico Piotti, caduto in località Sirca mentre era in perlustrazione al comando di una pattuglia militare circondata da
guerriglieri a cavallo, venuto da Treviso per i funerali del figlio, così commentò: “Incredibile, mio figlio è morto in guerra contro la Sicilia”. La questione siciliana, ancora aperta, non ha bisogno di una nuova guerra ma solo di acume politico. I comandanti Katthab e Basaev (terroristi a capo dell’integralismo islamico caucasico, ndr) sono stati in questi giorni uccisi ed il genocidio del popolo ceceno, bollato di terrorismo, continua senza fine. Il 20 maggio cessa il mandato ONU su Timor Est e dopo secoli di colonizzazione portoghese e repressione indonesiana andrà al potere un presidente liberamente eletto, Gusmao che, qualche anno fa, era ancora nelle carceri indonesiane: a caro prezzo, l’indipendenza ha finalmente trionfato! Una vera “devolution” federalista europea verso l’UE e verso l’Europa delle regioni sarebbe un acceleratore per l’unità politica dell’Europa, mettendo fine alle diffuse sacche di resistenza di superato, sterile e vecchio nazionalismo italiano.

 

SALVATORE NATOLI

 

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